LE LOCATION DI “POINT BREAK”

Vita dell’Acqua – Cavalcare onde giganti Le scene di surf si vedono all’inizio e poi di nuovo alla fine del film. La prima sequenza, ambientata sulle coste francesi, è stata girata in realtà vicino a Tahiti, nella Polinesia francese, alla famosa barriera di Teahupoo nel Pacifico, dove nel settembre del 2014, le onde erano alte come montagne. È qui che Utah lancia la sua tavola su un’onda enorme per attirare l’attenzione di Bodhi e fargli credere che lui è semplicemente un altro drogato di adrenalina, desideroso di partecipare alla più grande festa di surfisti del pianeta. Il rispettato filmmaker Philip Boston, regista del documentario sulle onde giganti “The Billabong Odyssey” del 2003, si è unito al team di regia come secondo regista per le scene di azione sulle onde. Il campione australiano di surf, Dylan Longbottom, ha fatto da controfigura a Bodhi, mentre i surfer professionisti Billy Kemper, Bruce Irons e Laurence “Laurie” Towner hanno fatto le controfigure a Utah. A portata di mano c’era anche il leggendario Laird Hamilton, pioniere della tecnica del “tow-in”, che ha reso possibile il surf su onde molto distanti e che ha un cameo nel ruolo del pilota di jet sky che trasporta la tavola di Utah in posizione. “Capita spesso che il surf nei film sia stereotipato e terribile”, ammette Hamilton. “In questo film, Ericson ha fatto di tutto per renderlo il più vero possibile, scegliendo i migliori surfer e andando nel posto dove ci sono le onde più grandi del mondo. Il suo obiettivo era di catturare l’essenza di quello che fanno questi atleti e portarla sullo schermo, e penso ci sia riuscito”. Longbottom, talentuoso creatore di tavole, utilizzate nelle scene di surf, considera Teahupoo uno dei posti più pericolosi del pianeta e rivela come i filmmaker abbiano voluto aspettare fino al momento perfetto. “Io e Laurie siamo rimasti in attesa per un anno, controllando i grafici. Volevano qualcosa che fosse da codice rosso, qualcosa che accade magari ogni dieci anni”. In coppia con Towner, e poi successivamente con Irons, Longbottom ha eseguito “alcune scene folli di incroci e di surf a coppia”, racconta. “Ci hanno chiesto di dividerci un’onda, cosa che può essere molto pericolosa. Dovevo girarmi a guardare Johnny Utah proprio mentre uscivo velocemente da un’onda, cosa che non avevo mai fatto prima a Teahupoo, tanto meno su un’onda gigantesca. Non volevo perdere la mia concentrazione e il mio equilibrio a quella velocità. Mi stavo concentrando sulla chiusura, ma mi sono comunque girato ed è andato tutto bene. Ero sulla linea giusta, poi lui è scomparso e alla fine siamo usciti tutti e due fuori dall’onda. È stata una delle cose migliori che abbia mai fatto con un’onda”. 17     Il culmine della storia, con i surfer professionisti Ian Walsh e Makuakai Rothman, è ambientato a Cortes Bank, sulle coste della California del sud, ma girato in realtà presso il celebre Peahi Break, meglio conosciuto come “Jaws”, sulle coste dell’isola hawaiana di Maui. Aspettando le onde più alte, i filmmaker hanno cominciato a controllare i grafici nel Novembre del 2013 e sono stati premiati con delle onde formidabili nel tardo gennaio 2014. Core ricorda che: “Sono state le onde più alte da un decennio; più di venticinque metri. Molti dei surfisti nati e cresciuti a Maui non avevano mai visto onde così alte”.

 

Vita del Vento – Volo in wingsuit Per testare il fegato di Utah, Bodhi lo invita a partecipare alla loro prossima sfida, Vita del Vento, un volo in wingsuit che li porterà a lanciarsi da cime altissime a picco sui prati sottostanti. Per prepararsi alla scena, Core ha contattato il famoso BASE-jumper e pilota di volo in wingsuit, Jeb Corliss. Costretto in quel momento a rimanere fermo a causa di un infortunio, Corliss ha firmato la sua partecipazione come consulente tecnico, aiutando a mettere insieme un team internazionale da sogno di piloti professionisti di wingsuit, per realizzare un volo di gruppo: il freestyler Michael Swanson, come controfigura di Bodhi; il paracadutista e cameraman Jon Devore, come coordinatore degli stunt aerei e controfigura di Utah e i piloti di wingsuit, di livello internazionale, Noah Bahnson e Julian Boulle, come controfigure di Roach e Grommet. Jhonathan Florez, che ha raggiunto quattro record del Guinness Mondiale dei Primati, con un salto di oltre undicimila metri nel 2012 e il famoso paracadutista e documentarista, James Boole, che è sopravvissuto a un incidente in cui si è spezzato la schiena nel 2009, hanno condiviso il difficile compito di volare in coda alla formazione con telecamere RED montate sul casco, per riprendere l’azione dall’alto. “Abbiamo davvero spinto questo sport oltre il limite”, dice Core. “Non solo abbiamo ripreso un autentico volo alare, ma lo abbiamo fatto in un modo che nessuno aveva mai sperimentato prima di noi: cinque persone che volano in formazione, in uno spazio angusto, a velocità incredibile. E per creare la sequenza hanno volato più volte, è stato straordinario”. Corliss, che vola, in una forma o nell’altra, da oltre venti anni, conferma: “Questa è una sequenza incredibilmente complicata. In generale il volo in wingsuit è complicato: per volare in modo relativamente sicuro, ad alta velocità, in prossimità del terreno, sono necessari molti, molti anni di training. Farlo come gruppo è ancora più complesso. Si deve lavorare comunicando attraverso la radio. La persona che si trova in coda avvisa gli altri, se bisogna rallentare o 18     aumentare la velocità o girare a destra o a sinistra. Credo sinceramente che questi siano i migliori piloti di volo in tuta alare che esistano e che questo sia il più grande stunt mai realizzato da un uomo. Quando il pubblico vedrà questa sequenza sul grande schermo, non potrà fare a meno di rimanere a bocca aperta”. “Quando il primo pilota si butta giù dal dirupo, voglio che la gente seduta dentro al cinema si senta lo stomaco in gola”, dice. “Voglio che provino in prima persona cosa significhi volare”. È stato Corliss a suggerire di girare nei pressi della piccola città di Lauterbrunnen, nell’area di Jungfrau, nelle Alpi svizzere, e dentro il famigerato “Crack”, una crepa gigante nella montagna, vicino a Walenstadt, conosciuta dai wingsuiters di tutto il mondo, per poi combinare i video delle due location in un unico, spettacolare filmato. Dice Devore: “I protagonisti della storia stanno tentando di realizzare le imprese più incredibili, quindi per la sequenza del wingsuit non volevamo volare solamente sopra la terra, ma anche in mezzo, cosa che è possibile fare a Walenstadt: è un luogo dove si trova una crepa gigante, una spaccatura nella terra, nella quale abbiamo volato, uscendo dall’estremità opposta e avendo rocce sui due lati. È una situazione senza uscita, cioè non si può volare via lateralmente o aprire il paracadute”. Richiamando uno dei temi fondamentali del film, aggiunge “ Ti prendi l’impegno di superare il tuo limite e poi lo devi mantenere”.

 

Vita del Ghiaccio – Snowboarding Dopo la sua avventura di wingsuit flying, Utah ritiene di essere entrato nella banda di Bodhi ed è pronto a fare il prossimo salto nel buio, qualsiasi esso sia. Questo vuol dire pregare Pappas e Hall perché continuino a tenerlo in incognito, nonostante i loro crescenti dubbi su quello che effettivamente stia diventando l’obiettivo di Utah. La prova successiva, Vita del Ghiaccio, Bodhi vuole superarla facendo snowboard sulla rocciosa e ghiacciata facciata di una montagna vicino al Monte Bianco, nelle Alpi italiane. Per realizzare questa sequenza, un piccolo gruppo di membri chiave della squadra, si è accampato vicino a Courmayeur in Italia. Xavier De Le Rue, sette volte campione di snowboard, insieme alle Medaglie d’Oro Olimpiche, Iouri Podladtchikov, Ralph Backstrom, Mitch Toelderer e ad altri snowboarder professionisti, ha fatto da controfigura a Utah, a Bodhi e ai suoi compagni, mentre si catapultano giù dalla montagna a una velocità tra i 50 e i 100 chilometri orari. “Il nostro capo snowboarder, Xavier, è uno dei migliori del mondo per le discese freestyle da da grandi montagne”, afferma Core. “Ci ha aiutato a trovare una location unica. È 19     anche un filmmaker a modo suo, quindi ha collaborato alle decisioni su dove mettere le telecamere. Alla fine, quando è stato chiaro che nessuno poteva stargli dietro, gli ho dato una telecamera e ha ripreso gran parte di quello che succedeva nelle discese, perché era l’unico così bravo da riuscire a scendere per quei pendii incredibili e allo stesso tempo a maneggiare una telecamera RED”. De Le Rue afferma: “Non ho mai visto un film di Hollywood che mostrasse una scena di snowboard davvero credibile, quindi il nostro obiettivo era di realizzare qualcosa che tutti riconoscessero come autentico e non solo il pubblico ampio, ma anche gli snowboarders più navigati”. L’instabilità dello strato di neve è sempre un problema e le valanghe sono una continua minaccia. Quindi, con la sicurezza come prima preoccupazione, abbiamo fatto consultazioni giornaliere con guide di montagna locali e con il Centro italiano di Consulenza sulle Valanghe, organizzando la scaletta giornaliera e la scelta delle location in base ai loro consigli. Siamo rimasti sempre in grande allerta per tutto il tempo. Delle tre settimane e mezzo concesse per girare, la squadra è riuscita a lavorare solo undici giorni”. “La sequenza di snowboard è stata girata due volte e abbiamo affrontato situazioni diverse entrambe le volte”, ricorda Core. “Eravamo tutti legati. Stavo usando una telecamera, proprio quando una delle valanghe più grandi è precipitata davanti a me”. “Nelle discese da alte montagne ci sono molti tipi di pericoli, di cui il numero uno è la neve stessa, perché è un elemento difficile da controllare”, evidenzia De Le Rue. “Possono esserci delle crepe o delle slavine, che possono seppellirti o buttarti giù tra le rocce. Quindi devi sempre tenere queste situazioni sotto controllo, oltre a gestire la spinta della velocità mentre corri su quelle rocce. Ci sono molte variabili, quindi devi rimanere concentrato e lasciare ampi margini in ogni movimento che fai. Mai affrettarsi e mai farsi prendere la mano dal grande divertimento che stai vivendo in quella giornata”. Il rischio è stato amplificato dall’abbinamento di due o quattro snowboarder su uno stesso pendio, cosa che non viene quasi mai fatta, perché lo snowboarder in testa potrebbe alzare della neve che impedisce la visibilità a chi sta dietro, motivo per cui la comunicazione e la pianificazione tra i nostri performer è stata vitale “È stato tutto molto tecnico,” dice De Le Rue, “ma nel complesso, una fantastica esperienza”.

 

Padrone delle Sei Vite– Arrampicata libera Le prime sei prove di Ozaki funzionano con la gravità, ma la settima prova va contro la legge di gravità, perché si sale invece di scendere; per questa impresa non c’è miglior posto della parete di roccia lungo le cascate più alte del mondo, le Angel Falls, in Venezuela. Nel momento in cui arriva Bodhi, la sua relazione con Utah è cambiata radicalmente e quindi la loro scalata diventa più una resa dei conti che uno sforzo condiviso, rendendo quest’arrampicata libera ancora più pericolosa. Chris Sharma, uno dei più importanti freeclimbers del mondo, ha contribuito a trasformare in realtà, la visione del regista di questa memorabile arrampicata libera. Sharma non ha solo guidato il team, che include Dani Andrada come controfigura di Bodhi, ma ha anche fatto la controfigura di Utah, oltre a scegliere la location. “Quando gli ho parlato di quello che volevamo realizzare, lui mi ha detto che l’unico posto al mondo in cui farlo era il Venezuela, quindi siamo andati lì”, ricorda Core. “Chris si considera più uno spirito creativo che un atleta. Quando studia qualcosa, quello che vuole scoprire è il limite massimo e questo viene rivelato dalla natura stessa. Come dice lui, il modo più bello di arrivare in cima, non è necessariamente il più facile”. Sharma, che ha lavorato con Core e i filmmaker per assicurarsi che la scena risultasse autentica e legittima, dice, “Ho sentito che sulle Angel Falls avremmo potuto mostrare tutta la bellezza che c’è nell’arrampicata libera, che è tanto di più di un semplice sport. È uno stile di vita, un’avventura, un modo di entrare in contatto con la natura e con se stessi. Dal momento che gli attori non avevano nessun addestramento nell’arrampicata, gli ho parlato della mentalità di questa disciplina, cercando di condividere con loro il mio approccio e di trasmettergli l’essenza di questo sport e di quello che significa per me”. Vista la sua esperienza e conoscenza dei possibili pericoli, Sharma è stato anche coinvolto nell’organizzazione delle misure di sicurezza volute della produzione, come la messa in sicurezza dei cordoni, fatta da esperti arrivati un mese prima dell’unità di ripresa. I primi piani degli attori sono stati girati a un’altezza di oltre 60 metri sulla facciata di una parete rocciosa preparata apposta per loro, a pochi minuti di distanza dalle Angel Falls e anche loro hanno sentito tutta la maestosità di questo luogo. Ramirez, nato in Venezuela, riconosce che “le Angel Falls si trovano in un’area chiamata Canaima, un parco nazionale, probabilmente uno dei pochi posti ancora inesplorati sulla faccia della terra e anche uno dei più belli. È molto importante essere venezuelano e ritrovarsi a girare un film, in uno dei luoghi più spettacolari del mio paese. È un posto sacro, che pochi esseri 21     umani hanno avuto la fortuna di vedere e io sono stato felice, non solo di poter essere qui, ma di avere avuto l’opportunità di mostrarlo al resto del mondo, per di più in una maniera così incredibile”.

 

Atto di Fede Estrema L’ottava e ultima prova, l’Atto di Fede Estrema, è qualcosa che Bodhi e Utah non possono pianificare e che capiranno solo mentre accade, cosa che i filmmaker sperano colga il pubblico di sorpresa. ______________ Oltre alle scene delle Otto prove di Ozaki, i motociclisti Steve Haughelstine e Dustin Nowak hanno realizzato la mozzafiato corsa inziale, lungo un isolato crinale nello Utah, a Swingarm City. Poi, i famosi motociclisti Riley Harper e Oakley Lehman se la sono spassata, interpretando Utah e Bodhi, che s’inseguono in una corsa in moto da cross giù da una collina, per poi lanciarsi in mezzo a una foresta, vicino al piccolo villaggio di montagna di Flattach, in Austria, un luogo nascosto, selezionato come posto dove far avvenire un’esplosione con la dinamite e dove le cose per il gruppo cominciano a essere davvero pericolose. Dice Harper: “Abbiamo avuto tre settimane per organizzarci e preparare le moto, testare le rampe e rinforzare i parapetti, in modo da non cadere da questi dirupi alti oltre cento metri”. “Uno degli aspetti che preferisco del film”, osserva Broderick Johnson, “è come, nel mezzo di queste azioni spettacolari, nei personaggi ci sia un grande conflitto e forti emozioni. Vediamo Bodhi e Utah fermi su una strada di montagna, dove Bodhi progetta di far esplodere una miniera d’oro e Utah cerca di fermarlo. È una scena drammatica, con esplosioni e frane e un inseguimento in motocicletta, ma è anche il punto di svolta del film e della loro relazione”. Pur non compiendo direttamente le inverosimili imprese previste per POINT BREAK, gli attori non sono stati affatto messi da parte. In particolare Bracey e Ramirez, si sono ritrovati appesi sul lato di una montagna (seppur sotto le attenzioni di esperti e tenuti da corde e cavi che sono poi stati cancellati con gli effetti speciali) o a fare snowboard e surf. Teresa Palmer si è unita a Bracey sotto 10 metri d’acqua, per una scena in cui i loro personaggi fanno un’immersione al chiaro di luna. Inoltre, la natura isolata dei luoghi prescelti, ha richiesto che ogni attore affrontasse una buona dose di camminate e scalate, solo per lasciare il proprio segno nel film. Andrew Kosove osserva che: “Per rispettare la decisione di Ericson di realizzare questo film senza utilizzare praticamente alcun effetto speciale, avevamo bisogno di attori che fossero 22     disposti a rimboccarsi le maniche e a partecipare a una produzione che è una vera avventura. È capitato di svegliarsi sul set e di trovarsi sommersi dal fango fino alle ginocchia. Abbiamo dormito in tende e in amache e ci spostavamo con gli elicotteri. Gli attori e tutto il team sono stati semplicemente fantastici”. In ogni location e durante la pianificazione e l’esecuzione di ogni stunt, la sicurezza è sempre stata al primo posto. Dice Core: “Volevamo location incredibili e azione che creasse tensione e drammaticità, ma più di ogni altra cosa, volevamo che tutti fossero sicuri. Vedere la gente che camminava sul set sorridendo, è la cosa che mi ha fatto più felice”.

 

SMONTARE LE TENDE E TORNARE A CASA L’ordine di Core di realizzare tutte le scene in maniera reale, ha significato girare sempre in esterna. “Volevamo che le immagini avessero anche un po’ di grinta e mordente”, dice. “Abbiamo scelto la strada più difficile per farlo: andare in luoghi reali piuttosto che in teatri di posa per gli effetti speciali, cosa che è stata una sfida incredibile, ma anche straordinariamente gratificante ”. Dalle prime riprese, iniziate a Berlino nel giugno 2014 e fino alle ultime, chiuse a novembre in Italia, tutti hanno vissuto con la valigia in mano per mesi. “La più grande difficoltà nel girare questo film è stata quella di non perdere il mio passaporto”, ammette ridendo Bracey. “Per questo film sono stato anche il direttore della fotografia di me stesso e questo può limitare di molto le conversazioni”, scherza Core, “quindi lo scenografo Udo Kramer e il capo squadra europeo, Janosch Voss, sono stati per me ottimi punti di riferimento per la parte visiva. Volevamo ottenere uno stile e un look molto specifici, con molti contrasti e con tonalità che tendessero un po’ verso il verde. Abbiamo usato luci naturali e abbiamo sviluppato la collaborazione con Udo, rendendola ancora più importante, con l’obiettivo di portare realismo sulla scena, invece di una tonnellata di luci per falsificare la realtà”. La logistica è stata una parte fondamentale dell’equazione. Il regista sottolinea che: “essere in cima a una montagna significa non poter portare enormi gruppi di luci o generatori o grandi diffusori, altrimenti non avremmo realizzato quello che avevamo in mente. Al contrario, gran parte del lavoro con la telecamera, l’ho realizzato portandone una in spalla. Abbiamo girato con un gruppo luci molto piccolo, a volte addirittura senza, solo con un piccolo LED. La chiave era la luce naturale e Madre Natura è stata un membro importante del team luci”. I problemi maggiori per Kramer sono stati i continui cambiamenti climatici e di ambiente, mentre gran parte del suo impegno, è andato nel cercare di dare coesione a una produzione 23     che ha compreso oltre settanta diverse location. Uno dei suoi compiti più interessanti è stato quello di sottolineare il contrasto visivo, tra l’attrazione ipnotica del mondo naturale sulla psiche di Utah e i severi interni dei luoghi della professione da lui scelta. “Da una parte abbiamo la natura con le sue immagini d’impatto e dall’altra ci sono gli uffici dell’FBI, dove abbiamo cancellato ogni traccia di tutto questo. Non c’è verde negli uffici e nessun’immagine esterna”. Kramer ha anche curato le scenografie per una scena intensa, ambientata nell’Italia del nord, ma girata a Hall, nel Tirolo austriaco, in cui l’elemento chiave è la costrizione, lo spazio limitato, che impedisce la fuga e genera grande caos. “Abbiamo adattato le scenografie per creare un look italiano. L’idea era di avere un piccolo spazio, una via stretta, dove l’azione diventa più intensa che mai e tu puoi quasi sentire le pallottole che fischiano intorno a te”. Core ha viaggiato sempre leggero, assumendo squadre locali e portando con sé solo i collaboratori chiave. Oltre al produttore David Valdés, è sempre stato accompagnato dal truccatore e parrucchiere, Thomas Nellen e anche dal responsabile di make-up e capelli, Heike Merker, che, tra le altre cose, si è occupato di mantenere intatti i molti tatuaggi del cast. La realizzazione dei tatuaggi ha richiesto circa novanta minuti per attore e i disegni sono stati fatti con linee leggere, per apparire non come se fossero nuovi, ma piuttosto molto vissuti e parte della storia dei protagonisti. Ramirez, che ha collaborato con Merker nella scelta dell’arte da disegnare sul corpo del suo personaggio, dice: “Bodhi è un combattente ambientalista, quindi era importante che su di lui ci fossero i simboli della sua ideologia, le attività e gli sport che pratica e gli elementi con cui vuole diventare una cosa sola. C’è un lupo, perché quello è il suo animale, e sul suo braccio destro c’è una foresta, con uccelli e una cascata”. Per Utah, il cui nome deriva dal luogo di nascita, Nellen ha disegnato sul suo torace una montagna, che ricorda l’area da cui proviene. In aggiunta, sulle dita delle mani di Utah sono tatuati i nomi dei suoi genitori. I tatuaggi di Samsara includono una delicata serie di uccelli che va dalle spalle ai gomiti e che suggeriscono la sua connessione spirituale con Bodhi. Il progetto ha fornito a Christl l’opportunità di allargare il suo repertorio, facendola immergere nei vari sport mostrati e nell’abbigliamento che richiedono. “Ericson è una guida di montagna e sa molto sull’abbigliamento per le attività all’aria aperta, quindi ho imparato molto da lui. Inoltre anch’io ho fatto le mie ricerche e ho chiesto agli atleti quello di cui avevano bisogno prima ancora di fare una prova con gli attori”, dice lei. “Questi uomini non sono solo atleti, ma veri viaggiatori e vengono tutti da nazioni diverse”, continua Christl. “Da dove vengono? Qual è il loro viaggio? Bodhi è influenzato da colori e motivi indiani e asiatici, mentre Roach avrebbe avuto un aspetto più influenzato dal suo 24     background europeo. Tutti i membri del ‘branco di lupi’ indossa delle collane speciali, a ricordo dei loro viaggi insieme”. Vestire l’unica donna del gruppo è stata la cosa più divertente per Christl, che ha scelto di dare a Samsara un look con una certa sensibilità etnica; sari e anche vecchie coperte, rivisitati in un eclettico mix d’influenze e trame, inclusa una coperta che lei ha trovato sull’Himalaya, venticinque anni fa. Come tutti gli altri membri del team, Christl ha dovuto tenere il ritmo delle riprese internazionali, “Mentre eravamo a Berlino, io mi preparavo per le riprese dell’Austria, Italia, Tahiti, Messico e Venezuela.” Ed è proprio questo senso di coinvolgimento globale che Core ha cercato di catturare sullo schermo, “È stata più una spedizione che una produzione cinematografica, e sono profondamente grato a tutti quelli che vi hanno partecipato; dal team di produzione al cast, agli atleti che ci hanno condotto in questi luoghi straordinari. Sono stati molto di più che dei semplici stuntman, sono stati dei veri soci. Le conversazioni che abbiamo avuto prima della produzione, sono diventate parte dei dialoghi del film e io ritengo che, la loro interazione con gli attori, abbia aggiunto un livello di autenticità e comprensione alle loro esibizioni”. “Mi piace pensare che alcune delle cose che Bodhi e Utah hanno in comune, le condividiamo anch’io ed Edgar”, suggerisce Bracey. “Ci siamo spinti a vicenda, motivandoci, per dare il meglio di noi in ogni ripresa. È stato un viaggio entusiasmante. Siamo stati nelle Alpi, a Tahiti, in Messico, in Venezuela…Ci sono stati giorni più duri e momenti in cui avevamo freddo ed eravamo stanchi, ma bastava guardarci e dire ‘Tutto questo è fantastico’”. Aggiunge Ramirez, “Una cosa che tutti questi atleti hanno in comune è che non gli importa di essere il numero uno. È tutto nella ricerca e in quello che si nasconde dietro la sfida, in ciò che puoi guadagnare come essere umano se ti spingi oltre quello che ritieni essere il tuo limite”. Questo è lo spirito che incarna Bodhi, giusto o sbagliato che sia, e quello con cui lotta Utah per gran parte della storia, che potrebbe essere proprio il motivo per cui questa rimane una storia senza tempo. Per Core, che è, e sempre sarà, un fan della storia e di quello che rappresenta, “Guardando indietro, alle proporzioni e all’ambizione di questo progetto, ai posti dove siamo stati e ai momenti stupefacenti che abbiamo catturato in questo film, mi rendo conto che è stato tutto davvero incredibile. Ecco come ci siamo sentiti a incontrare e a lavorare con questi incredibili atleti”, riflette. “Essere parte della natura, invece che volerla conquistare, t’insegna a 25     essere umile e a vivere la vita a pieno. Mi auguro che gli spettatori di POINT BREAK si sentano trascinati e divertiti, ma soprattutto che trovino il film di grande ispirazione”.

 

EDGAR RAMIREZ (Bodhi), uno dei nuovi protagonisti maschili di Hollywood, ha nel prossimo futuro tre ruoli da protagonista in film di produzioni importanti, oltre a quello di POINT BREAK. L’attore venezuelano apparirà al fianco di Jennifer Lawrence, nel prossimo film di David O. Russell, “Joy. Nel 2016, vedremo Ramirez nel ruolo del leggendario pugile Roberto Duran nel film “Hands of Stone,” al fianco di Robert De Niro, inoltre attualmente sta terminando la produzione del film drammatico di Stephen Gaghan sul mondo delle miniere “Gold,” con Matthew McConaughey e Michelle Williams. L’ultima pellicola in cui abbiamo visto Ramirez, al fianco di Eric Bana, è “Deliver Us from Evil,” del regista e scrittore Scott Derrickson e del produttore Jerry Bruckheimer. Nel 2014 è uscito anche “Libertador”, film in cui Ramirez interpreta Simon Bolivar e che ha ricevuto una nomination nella categoria Film in Lingua Straniera agli Academy Award® del 2015. Ramirez ha anche lavorato con Jessica Chastain, nella pellicola nominata agli Oscar the Oscar-nominated “Zero Dark Thirty,” directed and produced by Academy Award winner Kathryn Bigelow. Ramirez ha attirato su di sé l’attenzione della critica e ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo ruolo da protagonista in “Carlos,” del regista Olivier Assayas, interpretazione che, nel 2011, gli è valsa una candidatura sia ai Golden Globe®, sia ai SAG Award, come Miglior Attore in una Miniserie Televisiva. Sempre nel 2011 per lo stesso ruolo, ha ricevuto una nomination agli Emmy Award e ha vinto un Cesar Award come Miglior Attore Esordiente. Ramirez ha anche ricevuto le candidature, come Miglior Attore, dal Los Angeles Film Critics Circle, dal London Film Critics Circle e dai Prix Lumieres Award. L’attore parla diverse lingue per il ruolo di questo film, girato in numerose location come Francia, Germania, Ungheria, Austria, Libano e lo Yemen. Il progetto è andato in onda come una miniserie in tre parti sul canale Sundance. “Carlos” è stato presentato al Festival del cinema di Cannes nel 2010 e ha vinto il Golden Globe® come Miglior Miniserie Televisiva nel 2011, oltre a essere stato votato come Miglior Film in Lingua Straniera dall’Associazione della Critica di Los Angeles e di New York. 26     Ramirez precedentemente ha lavorato nella pellicola di Jonathan Liebesman, “La furia dei Titiani”, interpretazione che gli è valsa un Alma Award for come Miglior Attore Non Protagonista in un Film Drammatico nel 2012. Altri crediti cinematografici includono “L’Orenoque”, la pellicola biografica su Ernesto ‘Che’ Guevara “L’Argentino”, di Stephen Soderbergh, il thriller politico “Prospettive di un delitto” e “The Bourne Ultimatum – Il ritorno dello Sciacallo.” Nel cinema americano ha esordito nel film di Tony Scott, “Domino.” A livello internazionale, Ramirez è apparso in “Greetings to the Devil,” che ha debuttato nel 2012 sulla HBO, dopo essere uscito al cinema in America Latina. Il suo esordio come produttore è stato con “Cyrano Fernandez,” una produzione ispano-venezuelana tratta dall’opera “Cyrano De Bergerac,” in cui ha anche recitato e per cui ha vinto il premio come Miglior Attore alla selezione ufficiale di Territorio Latinoamericano. Altri suoi lavori a livello internazionale includono “Elipsis, el Don (The Boss),” diretto da J.R Novoa (Spagna/Venezuela); “La Hora Cero (The Magic Hour),” un corto diretto da Guillermo Arriaga (Messico); “El Nudo (The Knot),” di Alejandro Wiederman (Venezuela); “Yotama se va Volando (Yotama Flies Away),” diretto da Luis Armando Roche (Francia/Venezuela); “Punto y Raya (Step Forward),” diretta da Elia K. Schneider (Venezuela/Spagna/Cile/Uruguay), candidato nel 2004 agli Oscar® 2004 come Miglior Film Stranieroe “Anonimo (Anonymous),” diretto da Enelio Farina (Venezuela). Nato in Venezuela, a Caracas, Ramirez è cresciuto in giro per il mondo, perché suo padre era un addetto militare. Ha vissuto in Austria, Canada, Colombia, Italia e in Messico e parla correntemente tedesco, inglese, francese, italiano e spagnolo. Grazie a questi viaggi, Ramirez ha sviluppato un grande amore e una grande capacità di comunicazione interculturale, un talento che ha potenziato con una laurea in giornalismo. Si è poi specializzato in comunicazione politica, perché inizialmente pensava di dedicarsi alla carriera diplomatica. Nel 2000, Ramirez era il direttore di NGO Dale Al Voto, un’organizzazione venezuelana simile a Rock the Vote. Per sostenere i valori democratici tra i giovani, Ramirez e il suo team hanno ideato campagne pubblicitarie creative per la radio, la televisione e il cinema. Ha anche offerto la sua esperienza a diverse organizzazioni venezuelane, come Organization of American States, Transparency International e Amnesty International. Dopo aver contribuito per tre anni alle campagne dell’UNICEF, come Haiti Relief, Anti-Violence e Children’s Rights, Ramirez è stato nominato ambasciatore di buona volontà per l’UNICEF in Venezuela. È anche stato portavoce per una campagna di sensibilizzazione sul tumore al seno, impegnandosi a informare la comunità maschile della malattia.

 

I FILMMAKERS ERICSON CORE (Regista / Direttore della Fotografia) con POINT BREAK è al suo secondo film come regista. Aveva debuttato alla regia con il film biografico drammatico “Imbattibile”, con Mark Wahlberg. Nel mondo del cinema, Core è un apprezzato direttore della fotografia, ruolo che assume per i film di cui cura la regia. La prima pellicola di Core come direttore della fotografia è stata “187 Codice omicidio”, con Samuel L. Jackson. Per “Fast & Furious”, ha progettato molti veicoli con telecamere montate su misura, dando al film quel taglio particolare che ha contribuito a renderlo così famoso. Per il suo lavoro in questa pellicola ha ricevuto una candidatura come Miglior Fotografia AFI Film Award. A questo successo ha fatto poi seguito “Daredevil”, pellicola visivamente sbalorditiva. Core ha anche diretto la fotografia in “Payback-La rivincita di Porter”, con Mel Gibson e in “Mumford”, di Lawrence Kasdan. Core si è laureato al prestigioso Art Center College of Design e anche in cinematografia alla USC, nel sud della California.

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